Il Counseling Filosofico, la fenomenologia e la teoria dei codici affettivi

Discorso cerimonia di inaugurazione a Recoaro Terme

COUNSELING FILOSOFICOCORSI COUNSELING E MEDIAZIONECORSI IN PARTENZA

Keren Ponzo

10/14/20253 min read

Quando parliamo di counseling filosofico, parliamo di una pratica che nasce dal desiderio di restituire al pensiero la sua funzione originaria: quella di accompagnare l’essere umano nel suo vivere, non solo nel suo comprendere. Non è un ritorno alla filosofia accademica, ma al suo gesto fondativo: l’interrogazione come forma di cura, il dialogo come spazio di trasformazione.

Nel nostro tempo, dominato da linguaggi rapidi e da risposte precostituite, la filosofia ha ancora una funzione essenziale: rallentare lo sguardo, permettere alla parola di ritrovare densità, riportare il senso dell’esperienza al centro della formazione e della relazione d’aiuto. È questo il terreno su cui si radica il counseling filosofico: uno spazio in cui chi cerca e chi ascolta si incontrano non per risolvere, ma per comprendere ciò che sta accadendo dentro un’esperienza.

Ma il nostro lavoro non si ferma qui. La psicologia, con la sua lunga tradizione di ricerca sull’inconscio, sull’affettività, sui processi relazionali e simbolici, costituisce una parte viva e imprescindibile del nostro orizzonte. Non esiste un pensiero dell’umano che possa prescindere dalla dimensione psicologica, così come non esiste una psicologia che non si confronti, in profondità, con la domanda di senso che la filosofia custodisce.

Nel nostro percorso formativo, filosofia e psicologia non si oppongono: si ascoltano reciprocamente. La filosofia offre lo spazio riflessivo in cui la psicologia può interrogare le proprie categorie, i propri limiti e i propri presupposti. La psicologia, a sua volta, restituisce alla filosofia la concretezza dei vissuti, dei corpi, delle storie. È in questa reciprocità che nasce la possibilità di un sapere realmente umano.

In questo senso la fenomenologia è la nostra radice comune. Essa ci invita a guardare l’esperienza così com’è, prima delle teorie che la interpretano. Ci ricorda che ogni vissuto è intenzionale, che ogni coscienza è già relazione, già mondo. Husserl, Merleau-Ponty e la tradizione che da loro discende hanno insegnato che comprendere l’altro non significa analizzarlo, ma esserci con lui, condividere la scena del senso in cui si trova. È la stessa postura che abita il counseling: un’attenzione vigilante, un ascolto che non pretende di spiegare ma di lasciar emergere.

Accanto a questa prospettiva fenomenologica, il nostro cammino si nutre dell’eredità di Franco Fornari, la cui teoria dei codici affettivi rappresenta una chiave decisiva per leggere la vita emotiva e relazionale. Fornari ci ha consegnato un linguaggio capace di nominare i movimenti profondi dell’animo umano, riconoscendo che ogni relazione è attraversata da strutture simboliche affettive: il codice materno, paterno, fraterno, e del bambino.

Questi codici non sono categorie statiche, ma dinamiche di senso che si intrecciano nel modo in cui amiamo, temiamo, proteggiamo, e a volte distruggiamo. Comprenderli non significa ridurre la complessità delle relazioni a schemi, ma riconoscere come gli affetti plasmino i nostri comportamenti, il nostro modo di stare con gli altri e di costruire significato.

Nel lavoro formativo di Cefom, la teoria dei codici affettivi diventa uno strumento di lettura e, al tempo stesso, una postura etica: ci ricorda che ogni atto educativo o di cura passa attraverso la qualità del legame, che l’altro non è mai un oggetto d’intervento ma un soggetto che ci interpella.

Il counselor filosofico, in questa visione integrata, non è un tecnico della parola né un interprete dei sintomi, ma un testimone dell’esperienza umana nella sua interezza. Il suo compito è creare lo spazio perché la persona possa riconoscere ciò che vive e trovare la forma del proprio pensare. È un lavoro di libertà, ma anche di responsabilità, perché chi accompagna deve restare sempre consapevole di essere parte del processo che osserva.

Cefom nasce per custodire questa pluralità di sguardi senza ridurla, per formare professionisti capaci di muoversi dentro la complessità con pensiero critico, sensibilità e rigore. Non vogliamo produrre specialismi, ma coltivare coscienze pensanti, capaci di stare nella relazione senza smarrirne il senso.

Se la filosofia ci ricorda che il pensare è un atto di libertà, e la psicologia che ogni libertà è attraversata dal desiderio e dal limite, il counseling diventa il luogo in cui queste due dimensioni si incontrano e si rendono operanti. È qui che la riflessione diventa gesto, e il gesto diventa pensiero.

Oggi, inaugurando Cefom, rinnoviamo l’impegno a formare professionisti che sappiano tenere insieme mente e cuore, ragione e affetto, teoria e vita. Perché solo in questa interezza può nascere una vera cultura della cura: una cura che non separa, che non spiega da fuori, ma che accompagna da dentro, riconoscendo l’umanità che è nell’Altro, come in noi.