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l valore del reverse mentoring: dare fiducia ai giovani professionisti
Cosa e come possiamo apprendere da chi è più giovane di noi
FORMAZIONE
Keren Ponzo
8/27/20252 min read


Dare fiducia ai giovani professionisti: il valore del reverse mentoring
C’è un pregiudizio silenzioso che attraversa molti contesti formativi e professionali: l’idea che la competenza sia qualcosa che si accumula nel tempo e che, per questo, appartenga quasi per diritto naturale a chi ha più anni ed esperienza. È una convinzione che tende a marginalizzare i giovani, collocandoli in una posizione di attesa, come se il loro contributo potesse maturare valore solo dopo un lungo apprendistato.
Questa visione tradizionale, tuttavia, mostra tutti i suoi limiti di fronte alla complessità del presente. Viviamo in un’epoca segnata da trasformazioni rapide e continue: tecnologiche, culturali, sociali. In un simile contesto, i giovani non sono semplici destinatari di conoscenze trasmesse dall’alto, ma diventano veri e propri attori del cambiamento, portatori di competenze e sguardi che spesso mancano a chi ha attraversato contesti professionali più stabili e lineari.
Il reverse mentoring nasce proprio da questa esigenza di rovesciare lo schema tradizionale dell’apprendimento. Come sottolinea Agnese Rosati nel suo ultimo volume, è un invito a ripensare le gerarchie del sapere come possibilità di scambio e di crescita reciproca. Non si tratta di negare il valore dell’esperienza, ma di riconoscere che l’esperienza, per restare viva, deve continuamente confrontarsi con linguaggi nuovi, con sensibilità inedite e con forme di conoscenza che emergono da chi oggi si affaccia al mondo del lavoro.
Un giovane professionista può offrire contributi decisivi non solo sul piano tecnico, ma soprattutto su quello culturale: sa muoversi con naturalezza nei processi digitali, porta con sé una maggiore sensibilità per la diversità e l’inclusione, interpreta le trasformazioni del presente con meno timori e meno rigidità. Per questo non è un paradosso, ma una necessità, che anche persone con un lungo percorso professionale alle spalle possano mettersi nella posizione di imparare da chi ha iniziato da poco.
Dare fiducia ai giovani significa dunque rovesciare una logica di concessione (“ti lascio spazio”) in una logica di riconoscimento (“abbiamo bisogno del tuo sapere”). È in questa prospettiva che l’apprendimento intergenerazionale diventa autentico: non un’aula in cui qualcuno trasmette e qualcun altro riceve, ma un luogo in cui ciascuno, a seconda del momento, può diventare insegnante o allievo.
Per C.E.Fo.M. questo non è un semplice slogan, ma una pratica concreta. La nostra idea di formazione è quella di uno spazio democratico, in cui le competenze circolano senza rigide barriere anagrafiche e senza confini artificiali tra chi “sa” e chi “deve imparare”. Crediamo che la vera innovazione non stia solo nei contenuti dei nostri corsi, ma nella struttura stessa delle relazioni che attiviamo.
Dare fiducia ai giovani professionisti non è un gesto di generosità, ma un atto di responsabilità collettiva. È il riconoscimento che il futuro non si costruisce aspettando che “arrivi il loro turno”, ma aprendosi fin da subito a ciò che essi hanno già da offrire. Solo così il sapere smette di essere un deposito statico e torna a essere ciò che è sempre stato nella sua essenza: un movimento vivo, generativo, trasformativo.
Essere un giovane professionista non significa essere meno preparato, significa avere solo una cassetta degli attrezzi meno usurata.
C.E.Fo.M. APS ETS
Counseling e pratiche filosofiche, formazione artistica, educazione permanente.
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